venerdì 18 gennaio 2019

Le personalità controllanti: come riconoscerle

 


" Le persone che sentono il bisogno di controllare gli altri, 
non hanno il controllo di se stesse"




Il maniaco del controllo è una persona che sente il bisogno ossessivo di esercitare il controllo su se stessa e sugli altri e di assumere il comando in qualsiasi situazione. L’atteggiamento “controllante” maniacale caratterizza diverse strutture di personalità variamente patologiche, e determina generalmente comportamenti estremi che possono deteriorare le relazioni. Spesso gli uomini e le donne con un elevato bisogno di controllo rispondono alle caratteristiche della personalità ossessiva e narcisistica, sono frequentemente arrabbiati (palesemente irascibili oppure più celatamente passivo-aggressivi), fobici, o soffrono di disturbi dell’umore. Queste persone hanno bisogno del “controllo” perché senza di esso generalmente si sentono invase dalla paura che le cose finiranno per sovrastarle e sminuirle, e dunque vengano svalutate o non riconosciute, e conseguentemente la loro vita possa essere rovinata. A un livello più profondo del frequente Ego grandioso della personalità controllante maniacale, si dibatte un senso di inferiorità e un'autostima precaria che possono essere gestiti solo attraverso l’illusione di poter controllare e di poter prevalere su tutto. Possiamo imbatterci in una personalità controllante in ogni ambito, da quello familiare a quello lavorativo o amicale. Ma le personalità controllanti si rendono conto di essere tali? Solitamente poiché queste persone hanno bisogno di un alto livello di controllo, hanno anche bisogno di controllare la loro immagine, e dunque se eventualmente riconosceranno di avere un alto bisogno di controllo in certe situazioni, esse comunque rifiuteranno di essere etichettate come controllanti o qualsiasi associazione con problematiche inerenti alla loro personalità e il loro eccessivo bisogno di controllo. Spesso uomini e donne controllanti giustificano il loro bisogno di controllo con affermazioni come queste: “Devo essere così per fare tutto quello che posso”, oppure “C’è bisogno di persone come me perché è pieno di incompetenti”, o “Tutto andrebbe in rovina senza di me”. Ovviamente è necessario distinguere tra un sano atteggiamento di voler gestire qualcosa in modo funzionale e l'atteggiamento controllante patologico spesso veicolato da tendenze simbiotiche o manipolatorie e fattori intrapsichici di fragilità, come scarsa autostima e scarsa differenziazione del Sé. Purtroppo l’esondazione del bisogno di controllo non può essere funzionale, e generalmente determina disagio psicologico in chi lo sperimenta ma anche in coloro che lo subiscono: in primis la disfunzionalità del controllo rigido è legata al fatto che in realtà nella vita molte cose sono ben al di là della possibilità di controllo e sfuggono pertanto al nostro controllo. Pertanto, quando a causa dell’interiorizzazione di irrealistici standard di perfezionismo si ha bisogno di un controllo totale, che in realtà è impossibile da raggiungere, allora generalmente ci si sentirà invasi dall’ansia, causata proprio dai rigidi target che ci si era prefissati.

Ecco alcune delle caratteristiche principali delle personalità controllanti:

1.      Cercano strenuamente di vincere sempre una discussione o di avere l’ultima parola
E’ molto difficile relazionarsi con uomini e donne altamente controllanti, perché sono soliti stabilire regole rigide per poi applicarle rigidamente ed inflessibilmente. Solitamente agiscono con atteggiamenti che riflettono l’intento di dimostrarsi superiori agli altri, e appaiono determinati nel cercare di dimostrare a tutti di essere i più pratici, i più abili, i più logici e intelligenti in qualsiasi gruppo.

2.      Rifiutano di ammettere quando hanno torto
In questo tipo di personalità questo è certamente uno dei tratti che infastidisce maggiormente un partner oppure un amico o un familiare. Potrebbe trattarsi anche del più piccolo o semplice problema, ma alle persone con elevato controllo questo non importa: esse cercano caparbiamente di assicurarsi che non ammettano di aver sbagliato o di aver avuto torto. Il loro processo di pensiero è così distorto da portarli a credere che gli altri potrebbero usare la loro ammissione di torto contro di loro, o che possano percepirli come incompetenti o sciocchi a causa di un semplice errore. Solitamente di regola utilizzano una modalità di pensiero dicotomica, che tende a ricondurre tutto rigidamente a due categorie opposte, tutto o niente, bianco o nero, bello o brutto, buono o cattivo, e confrontarsi con qualsiasi cosa stia in mezzo a queste categorie causa loro disagio.

3.      Sentono un forte bisogno di correggere gli altri o di opporre obiezioni
Mentre i fanatici del controllo sono indulgenti e fin troppo disposti a trascurare i loro errori, puoi dimenticarti di ricevere qualsiasi comprensione per i tuoi. Le personalità fortemente controllanti sentono l’esigenza di correggere gli altri, anche per cose banali o di poco conto, e di mettere in discussione tutto esibendo spesso l’atteggiamento del “bastian contrario”, fondamentalmente per giungere all’obiettivo di prevalere e di ottenere ragione. Questo conferisce loro un senso di controllo sulla realtà e un senso di potere sugli altri, allo scopo di regolare la propria autostima e preservare il loro “precario” equilibrio interno.

4.      Criticano e giudicano spesso gli altri

Sicuramente sono le persone più giudicanti nelle quali potreste mai imbattervi, e nella loro rigidità mentale adducono le loro ragioni giustificandole con le questioni di principio. Le loro critiche e i loro giudizi riguardano proprio tutto, da come gli altri dovrebbero comportarsi, anche nelle situazioni più banali, a come dovrebbero vivere le loro vite. Hanno una risposta praticamente a tutto, ma a un osservatore attento non dovrebbe sfuggire che questi individui generalmente si comportano da ipocriti.

5.      Esibiscono un atteggiamento invadente

Spesso le persone controllanti invadono e ingeriscono nella vita altrui, e questa ingerenza può rivelarsi particolarmente problematica soprattutto con le persone con le quali hanno relazioni strette. Infatti con i loro interventi verbali ed i loro comportamenti non solo tenteranno di scoraggiare direttamente o indirettamente qualsiasi senso di autonomia che possiedi o che vorresti avere, ma ti "correggeranno" su base quasi costante, inducendoti progressivamente a una relazione di dipendenza. La loro invadenza è veicolata dalla sottostante convinzione di sapere sempre ciò che sia meglio per gli altri.

6.      Conducono l’auto con rabbia e aggressività

Spesso i maniaci del controllo guidano l’auto con grande frustrazione: la loro convinzione è quella di essere gli unici a condurre correttamente l’auto, e per questo motivo criticano aspramente gli altri guidatori e spesso imprecano o bestemmiano quando qualcuno sulla strada fa qualcosa che li infastidisce. Gli altri non possono sbagliare, ma loro sì, difatti si permettono il lusso di fare ciò che vogliono, fermo restando che quando loro ostacolano o mettono in pericolo gli altri tutto dovrebbe passare inosservato. Dunque la loro impazienza alla guida è generalmente pervasiva, si infastidiscono perché gli altri conducenti si muovono troppo lentamente o troppo velocemente, e trattano i pedoni come un'interferenza che ostacola il loro percorso. E’ come se su strada tutto dovesse andare come vogliono loro: mancano della capacità di rappresentarsi mentalmente che esistono molti aspetti di una stessa realtà, e di accettarli con una flessibilità adattiva.

Considerata questa rassegna di caratteristiche di base delle personalità controllanti, è abbastanza chiaro che esse si impegnano in una serie di comportamenti che possono frustrare e provocare risentimento, soprattutto nelle persone con le quali si relazionano più strettamente. Le loro azioni sono mosse da fattori psicodinamici profondi, che hanno a che fare con la loro struttura di personalità, e più superficialmente dalla profonda convinzione che è loro necessario comportarsi in quei modi per soddisfare i loro bisogni e raggiungere i loro obiettivi. Naturalmente, se ti riconosci nella maggior parte dei comportamenti d’elevato controllo che abbiamo passato in rassegna, fai un passo indietro e chiediti se non sei stanco di cercare sempre di controllare tutto, e se non sia arrivato finalmente il momento di cominciare a metterti in discussione e ad apprendere a lasciar andare e accettare più le cose e gli altri. Se invece ti rendi conto che qualcuno che ami esibisce spesso questi comportamenti, allora forse è arrivato il momento di parlare di ciò che ti infastidisce, in modo che la tua frustrazione e il tuo eventuale risentimento non peggiorino, mettendo così a repentaglio il futuro della relazione. Se farai notare a un uomo o a una donna altamente controllante che hai un problema con i loro comportamenti, non trascurare assolutamente di fornire loro alcuni esempi concreti di ciò che fanno e che ti infastidisce e quali sono le conseguenze, e poi dai loro il tempo di lavorare sul cambiamento: se necessario richiama più volte il problema continuando a fornire in modo chiaro e diretto esempi e spiegazioni, ma non demordere.


In generale, questi i suggerimenti per relazionarsi con le persone altamente controllanti:
  • Sforzati di mantenere calma, compostezza e assertività: una delle caratteristiche più comuni degli individui aggressivi, intimidatori e controllanti è che a loro piace deliberatamente (ma spesso incosapevolmente) disturbarti o intimorirti, manipolando le tue scelte, le tue azioni o i tuoi processi di pensiero.
  • Per quanto possibile mantieni le distanze: a meno che non ci sia qualcosa d’importante in gioco nella relazione, non spenderti cercando di cimentarti con una persona che è negativamente trincerata e sulla quale tutto spesso rimbalza come su un muro di gomma.
  • Passa dall’atteggiamento reattivo a quello proattivo: essere consapevoli della natura delle persone aggressive, intimidatorie e controllanti può aiutarci a disidentificarci  dalla situazione e passare dall'essere reattivi ad assertivi e proattivi.
  • Difendi comunque i tuoi diritti: le persone aggressive, intimidatorie e controllanti tendono generalmente a privarti dei tuoi diritti in modo da poterti controllare e trarre vantaggio da te.
  • Cerca di recuperare il tuo potere: un schema ricorrente di queste personalità è che a loro piace focalizzare l'attenzione sulla persona bersaglio, per farla sentire a disagio o inadeguata. Un modo semplice ma potente per cambiare questa dinamica è quello di puntare i riflettori su di loro.
  •  In lievi situazioni usa un appropriato umorismo: se usato opportunamente ed appropriatamente l'umorismo può illuminare la verità, disarmare certi comportamenti difficili e dimostrare all’interlocutore di avere una compostezza superiore.
  • In situazioni più gravi, cerca di esplicitare assertivamente quali siano le possibili conseguenze: la capacità di identificare e affermare quali siano le conseguenze dei comportamenti controllanti è una delle abilità più importanti che puoi usare per “spiazzare” una persona rigidamente controllante, e probabilmente stimolarla alla riflessione e chissà, forse al cambiamento.




Dott. Antonello Viola
Psicologo-Psicoterapeuta
Studio Specialistico di Psicoterapia e Consulenza Psicologica-Psicodiagnostica
Sedi Cagliari e Settimo San Pietro/Sinnai
Cell. e whatsapp: 3200757817
e-mail: antonello.viola@gmail.com

mercoledì 4 luglio 2018

L’importanza della comunicazione nelle relazioni

Non so se vi siate mai chiesti quanto sia importante la comunicazione da un punto di vista psicologico: forse alcuni di voi lo avranno già fatto, altri invece non si sono mai posti questo quesito, e dunque non hanno mai riflettuto su questo aspetto importantissimo per le relazioni e in generale per la sfera interpersonale e in special modo per le relazioni di coppia. Altri ancora ignorano del tutto l’importanza della comunicazione, rimanendo pertanto del tutto inconsapevoli di quanto gli errori comunicativi possano condizionare negativamente le loro relazioni, e nei casi peggiori deteriorarle irreversibilmente. 



http://www.psicologi-cagliari.it


Nell’ambito della mia pratica professionale di consulenza psicologica e di psicoterapia non mi stanco mai di lavorare sulla comunicazione, enfatizzando la fondamentalità e l’essenzialità di una comunicazione sana nelle relazioni, sia che si tratti di rapporti di coppia, o di relazioni familiari, o lavorative o amicali. Non mi stanco mai di ripetere che è basilare curare particolarmente la comunicazione, poiché quando una relazione si deteriora, nella maggior parte dei casi questo avviene poiché prima di tutto in precedenza, e per vari motivi, si era ammalato il processo comunicativo nell’integrità e nella coerenza delle sue componenti fondamentali. Proprio per questo motivo ciascuno di noi dovrebbe conoscere quali sono le caratteristiche di una comunicazione sana, quali sono le sue regole fondamentali e quali i maggiori rischi di questo processo dinamico di scambio di informazioni, che nella sua globalità è un processo retroattivo circolare, in cui avviene inevitabilmente un influenzamento reciproco. 
Senza renderci conto, ogni volta che comunichiamo definiamo nel medesimo tempo noi stessi e l’altro, nonché la natura e la qualità della relazione che ci unisce. E nel processo comunicativo passa sempre tutta una serie di informazioni veicolate dal canale verbale sul piano semantico, ovvero del contenuto e dei significati che stiamo veicolando con le nostre parole, ma nel contempo passa una miriade molto più consistente di informazioni non verbali, che influiscono massivamente sul processo percettivo del nostro interlocutore e sul significato globale di quanto si è comunicato: il passaggio di informazioni non verbali, che con i suoi significati di livello più profondo influenza ampiamente il contenuto globale della comunicazione, avviene per lo più su un piano preconscio e inconscio.  
L’esperienza mi ha anche insegnato che frequentemente le persone credono di essere buoni comunicatori, mentre in realtà senza neppure rendersi conto infrangono continuamente quelle che sono le regole essenziali di una buona comunicazione: e questo usualmente accade fintanto che le conseguenze negative non le porteranno a confrontarsi con gli esiti negativi che ne derivano. 
Le conseguenze peggiori dei vizi di comunicazione si verificano indubbiamente nell’area affettiva: ci sono rapporti di coppia che naufragano in tempi più o meno lunghi proprio a causa di un’incapacità di fondo di comunicare in modo sano, chiaro, diretto e coerente, con una quasi totale inconsapevolezza della propria incapacità a comunicare.
La comunicazione è la componente essenziale delle relazioni: proprio per questo è di fondamentale importanza conoscere quali sono le regole che governano una buona comunicazione, e quanto sia essenziale sviluppare la capacità della comunicazione assertiva. Maggiore la capacità comunicativa, più elevata l’armonia relazionale. Tutti, ma veramente tutti, dovremmo fare almeno un piccolo corso o training sulla comunicazione e sull’assertività. 



Dott. Antonello Viola
Studio Specialistico di Psicoterapia e Consulenza Psicologica-Psicodiagnostica
Sedi Quartu S. Elena e Cagliari
Cell. 3200757817 (anche whatsapp)
e-mail: antonello.viola@gmail.com 
web:  www.psicologi-psicoterapeuti-cagliari.it

giovedì 2 marzo 2017

La psicoterapia delle dipendenze affettive



La dipendenza affettiva, nota anche come dipendenza emozionale o codipendenza (in particolare la codipendenza risulta essere un modello di dipendenza affettiva più specifico, in cui la persona che ne soffre si orienta verso partner affetti da una grave dipendenza da sostanze, oppure partner marcatamente narcisisti) può essere considerata a tutti gli effetti come una particolare categoria di disturbo dipendente di personalità, in cui ciò che determina la dipendenza è specificamente la relazione di coppia: il fattore essenziale sotteso a questo disturbo è costituito dal tentativo più o meno inconscio della persona che ne soffre di colmare il vuoto intrapsichico sperimentato e la bassa autostima. Questo tipo di disturbo è inoltre fortemente connesso a un forte deficit nella capacità di gestione e modulazione delle emozioni e nella capacità di stabilire vincoli affettivi significativi con altre persone, a causa di un sottostante modello dell’attaccamento marcatamente insicuro (generalmente di tipo “ansioso-preoccupato” o “ansioso-timoroso”). Trattandosi di una tipologia di disturbo di personalità, come tutte le altre categorie di disturbo di personalità anche questo tende a mantenere una struttura relativamente stabile e cronica per l’intero arco di vita della persona, a meno che non venga opportunamente trattato con un adeguato intervento psicoterapeutico. Questo disturbo presenta sintomi vari, che rendono piuttosto difficile la valutazione diagnostica: esso si può accompagnare a una depressione reattiva, a un disturbo ossessivo, opuureanche a un disturbo dell’adattamento, o a un disturbo d’ansia. Nella dipendenza affettiva il dinamismo della personalità è ampiamente governato dalla profonda necessità del partner e dall’intenso timore della perdita e della solitudine, che generalmente finiscono per rendere estremamente difficile e problematico il vincolo affettivo stabilito nella relazione di coppia. Secondo uno studio effettuato in Spagna dalla “Fondazione Istituto Espiral”, questo disturbo avrebbe un’incidenza di circa il 10% nella popolazione adulta, di cui circa il 75% sarebbe costituito da donne. 

Nelle relazioni amorose le persone con dipendenza affettiva manifestano nei confronti del partner un tipo di attaccamento di tipo “ansioso”, e sono fondamentalmente caratterizzate da: una continua e pervasiva necessità di sapere di essere amate dal loro partner e dall’esigenza di costanti conferme; da notevoli difficoltà a svolgere una vita indipendente; dalla ricerca incessante di un partner potenziale per una relazione affettiva (quando non sono impegnate in una relazione sono generalmente pervase dall’angoscia), e da una scelta generalmente precipitosa dello stesso; da un profondo timore di non essere amate; da intense paure di perdita dell’oggetto del proprio amore e gelosie frequenti; da idee contraddittorie sull’amore e sui propri sentimenti; da grandi difficoltà a rompere la relazione anche quando essa sia altamente problematica e generatrice di malessere per la stessa persona dipendente.

Caratteristiche generali della personalità con dipendenza affettiva
  • Forte necessità di stare con il partner, intolleranza alla solitudine.
  • Bassa autostima, che provoca a sua volta una costante necessità di approvazione da parte degli altri, così pure come un grande timore del rifiuto e dell’esclusione sociale.
  • Notevole difficoltà a dire di “no”: si antepongono continuamente i desideri e i bisogni degli altri ai propri.
  •  Il dipendente affettivo generalmente occupa una posizione inferiore (one down) nel rapporto di coppia, sebbene questo non escluda che possa succedere il contrario, giacché esiste anche la “dipendenza affettiva dominante”, in cui la personalità dipendente può palesemente assumere una posizione superiore “one-up”, o una posizione solo apparentemente “onedown”, che in ogni caso le consente di controllare il rapporto.
  •  Sentimenti non risolti di colpa, rabbia, risentimento, isolamento e paura. Tutti questi sentimenti provengono dall’infanzia della persona dipendente, e dalle relazioni che si instaurarono con le figure di accudimento principali.
Così, normalmente le relazioni di coppia delle persone con dipendenza affettiva sono frequentemente molto dolorose, poiché queste sono solite scegliere partner che sembrano paradossalmente incapaci di amarle, spesso persone con un alto grado di egoismo, di egocentrismo e narcisismo: tutto ciò costituisce ovviamente un grande paradosso, dal momento che la personalità con dipendenza affettiva cerca, al di sopra di tutto, di essere amata. Ma il paradosso è spesso prodotto da una scelta impropria della tipologia di partner, la cui determinazione è fortemente condizionata da modelli operativi interni, da schemi mentali inconsci e da una scarsa differenziazione del Sé, la cui eziologia si rifà ai modelli e alle dinamiche relazionali che hanno caratterizzato le prime fasi del ciclo evolutivo.

Per questo motivo generalmente la cura della dipendenza affettiva richiede una psicoterapia sufficientemente lunga e intensiva, che svolga un lavoro analitico del profondo e congiuntamente un lavoro di tipo cognitivo-comportamentale: è indispensabile rielaborare le attribuzioni di significato delle dinamiche relazionali infantili e ristrutturare gli schemi mentali disadattavi e gli atteggiamenti erronei che si sono lentamente costituiti nel corso delle varie fasi evolutive, determinando i tratti dipendenti di personalità e un livello di autostima carente.

Una dipendenza affettiva non curata adeguatamente comporta l’elevato rischio che la persona che ne soffre resti invischiata in una, o in un susseguirsi di relazioni affettive deleterie, il cui corso si rivela fortemente controproducente ed estremamente doloroso per il proprio equilibrio mentale e psicofisico. 

La Codipendenza 

La codipendenza è definita come una condizione psicologica o un relazione in cui una persona è controllata o manipolata da un’altra affetta da una condizione patologica (tipicamente un disturbo narcisistico di personalità o una dipendenza da sostanze); in termini più ampi e generici la codipendenza indica la condizione patologica in cui un individuo dipende dal bisogno pervasivo di essere controllato o di controllare un’altra persona (generalmente il partner). Spesso questa condizione comporta la mancanza di considerazione dei propri bisogni, ai quali viene sistematicamente concessa una bassissima priorità, preoccupandosi invece eccessivamente dei bisogni degli altri, ai quali viene attribuita una grandissima importanza. La codipendenza può verificarsi in ogni tipo di relazione, familiare, lavorativa, amicale, di coppia, e può essere caratterizzata da schemi e meccanismi di negazione, di controllo, da bassa autostima e da eccessiva accondiscendenza (più raramente anche da schemi di evitamento). Le persone affette da disturbo narcisistico di personalità, o con tratti marcatamente narcisistici, rappresentano delle potenti calamite per le persone codipendenti. 

In generale la codipendenza consiste in una costellazione di comportamenti, pensieri e sentimenti che vanno oltre il normale livello di autosacrificio o di accudimento. Per esempio, la genitorialità comporta l’assunzione di ruoli che richiedono un certo grado di autosacrificio e di attribuzione di elevata priorità ai bisogni dei figli, e ciononostante un genitore non può essere considerato codipendente nei confronti dei figli, a meno che la sua funzione accuditiva e il grado di sacrificio genitoriale non raggiungano livelli malsani e autodistruttivi. Generalmente un genitore che si prende cura anche dei propri bisogni (emotivi e fisici) in modi sani, costituisce un buon genitore, mentre il genitore codipendente può essere meno efficace, e addirittura cagionare conseguenze negative ai figli. Un aspetto discriminante rispetto alla natura dei bisogni dei bambini è rappresentato dal fatto che, mentre i bisogni emotivi e di dipendenza infantili sono necessari ma temporanei, i bisogni della persona codipendente sono costanti e pervasivi.

Spesso le persone codipendenti assumono il ruolo di martire, e collocano costantemente i bisogni degli altri prima dei propri: nel fare ciò frequentemente dimenticano di prendersi cura di se stesse. Questo, comunque, conferisce alle persone codipendenti la soddisfazione del sottostante bisogno pervasivo di essere “necessarie”, placando il profondo timore di essere sole e l’intensa paura che nessuno abbia bisogno di loro. Le persone codipendenti sono inoltre costantemente alla ricerca di accettazione e di approvazione. Quando si tratta di argomentare qualcosa, generalmente esse tendono ad assumere la posizione di vittime, e quando rivendicano qualcosa per se stesse, solitamente si sentono in colpa. Ovviamente la codipendenza non si riferisce a tutti i comportamenti o sentimenti accuditivi, ma soltanto a quelli che presentano una chiara connotazione eccessiva e malsana. L’altra faccia della codipendenza, ovvero la problematica esattamente opposta, è la “controdipendenza”: da un punto di vista della “teoria dell’attaccamento” o anche delle “relazioni oggettuali”, potremmo dire che per una persona controdipendente (quindi compulsivamente autocentrata e autosufficiente, compulsivamente autoreferenziale) il raggiungimento di un sano livello di dipendenza da una qualche sorgente oggettuale al di fuori dal Sé, possa certamente essere considerato un progresso personale o un successo psicoterapico. Ma per ritornare alla codipendenza, a seguire vengono elencati gli schemi e le caratteristiche fondamentali che possono costituire altresì dei parametri di autovalutazione: in questi schemi sono implicati una serie di meccanismi di difesa inconsci, caratteristici della struttura di personalità del codipendente, e aventi lo scopo di evitare o gestire sentimenti intensi e minacciosi, e/o mantenere l’autostima. 


Schemi di negazione:

  • Ho difficoltà a individuare ciò che sento.
  • Minimizzo, altero o nego come mi sento veramente.
  • Mi percepisco come totalmente altruista e dedito al benessere degli altri.
  • Manco di empatia per i sentimenti e i bisogni degli altri.
  • Etichetto gli altri coi miei tratti negativi.
  • Posso prendermi cura di me stesso/a senza alcun aiuto degli altri.
  • Maschero il mio dolore in vari modi, occultandolo con la rabbia, l’umorismo, l’isolamento.
  • Esprimo il mio dissenso o l’aggressività in modi indiretti e passivi.
  • Non riconosco l’indisponibilità di quelle persone dalle quali mi sento attratta.

Schemi di accondiscendenza:

  • Sono disposto/a a sacrificare i miei valori e la mia integrità pur di evitare il rifiuto e la rabbia degli altri.
  • Sono estremamente solidale, e resto in situazioni dannose troppo a lungo.
  • Considero le opinioni e i sentimenti degli altri più dei miei, e ho paura a esprimere e sostenere personalmente opinioni e sentimenti che divergano da quelli degli altri.
  • Metto da parte i miei interessi e hobby allo scopo di fare ciò che gli altri vogliono.
  • Accetto il sesso o le attenzioni sessuali quando in realtà voglio affetto.
  • Prendo decisioni senza considerare le conseguenze.
  • Rinuncio alle mie posizioni per ricevere l’approvazione degli altri o per evitare il cambiamento.

Schemi di bassa autostima:

  • Ho difficoltà a prendere decisioni.
  • Giudico duramente tutto ciò che penso, dico o faccio, non ritenendolo mai “abbastanza buono”.
  • Mi sento imbarazzato/a a ricevere lode, riconoscimento o regali.
  • Non chiedo agli altri di soddisfare i miei bisogni e i miei desideri.
  • Considero l’approvazione altrui di ciò che penso e sento, e di come mi comporto, al di sopra della mia.
  • Non mi percepisco come una persona amabile e meritevole.
  • Ricerco costantemente il riconoscimento che penso di meritare.
  • Sono geloso/a delle relazioni delle persone da me amate, volendole avere tutte per me.
  • Ho difficoltà ad ammettere che ho sbagliato.
  • Ho bisogno di dare una buona impressione agli altri, e sono persino disposto/a a mentire per questo.
  • Mi percepisco inferiore agli altri.
  • Mi aspetto che gli altri mi diano un senso di sicurezza.
  • Ho difficoltà a iniziare le cose, a soddisfare le scadenze e a completare i progetti.
  • Ho difficoltà a definire delle sane priorità.

Schemi di controllo:

  • Credo che gli altri, per la maggior parte, siano incapaci di prendersi cura di se stessi.
  • Cerco di convincere gli altri di ciò che “dovrebbero” pensare e cosa dovrebbero “veramente” sentire.
  • Mi sento risentito/a quando gli altri non mi consentono di aiutarli.
  • Offro liberamente consiglio e direzione agli altri, senza che mi venga chiesto.
  • Elargisco regali e favori a coloro a cui tengo.
  • Uso il sesso per guadagnare l’approvazione e l’accettazione.
  • E’ necessario che gli altri abbiano “bisogno” di me se devo avere una relazione.
  • Pretendo che gli altri soddisfino i miei bisogni.
  • Uso il fascino e il carisma per convincere gli altri della mia capacità accuditiva e compassionevole.
  • Faccio leva sulle emozioni della vergogna e della colpa per sfruttare emotivamente gli altri.
  • Mi rifiuto di cooperare, venire a compromessi o negoziare.
  • Adotto un atteggiamento di indifferenza, impotenza, autorità o ira per manipolare gli esiti.
  • Ho schemi di pensiero ossessivi e compulsivi che non mi consentono di concentrarmi sulle attività quotidiane.
  • Faccio finta di essere d’accordo con gli altri per ottenere ciò che voglio.

Schemi di evitamento:

  • Agisco in modi che invitano gli altri a esprimere rifiuto, vergogna, o rabbia nei miei confronti.
  • Giudico duramente ciò che gli altri pensano, dicono o fanno.
  • Evito l’intimità emotiva, fisica, o sessuale, come mezzo per mantenere la distanza.
  • Consento alla mia dipendenza dalle persone, luoghi e cose, di distrarmi dal raggiungimento dell’intimità nelle relazioni.
  • Uso una comunicazione evasiva e indiretta per evitare il conflitto o il confronto.
  • Diminuisco la mia capacità di avere relazioni sane evitando l’uso di tutti gli strumenti che potrebbero consentirmi un recupero.
  • Sopprimo i miei sentimenti e i miei bisogni per evitare di sentirmi vulnerabile.
  • Attraggo gli altri verso di me, ma quando questi si avvicinano li respingo.
  • Credo che manifestare le proprie emozioni sia un segno di debolezza.
  • Trattengo le mie espressioni di apprezzamento.

Gli effetti controproducenti di una codipendenza non curata

Gli schemi non risolti della codipendenza possono condurre a problemi molto seri, come alcolismo, dipendenza da sostanze stupefacenti, disturbi dell’alimentazione, dipendenza dal sesso, e altri comportamenti controproducenti o autodistruttivi. Inoltre, le persone che abbiano sviluppato una personalità codipendente hanno più probabilità di attrarre nella loro vita ulteriori abusi da parte di persone aggressive, di restare invischiate in lavori o relazioni altamente stressanti, sono più inclini a non cercare un aiuto medico quando vi sia bisogno, e meno orientate verso il perseguimento di obiettivi importanti e promozioni. Per alcuni codipendenti, l’insicurezza sociale causata dalla stessa codipendenza potrebbe sfociare in un vero e proprio disturbo d’ansia, come una fobia sociale, o un disturbo d’ansia generalizzato, oppure anche in un disturbo evitante di personalità, o una grave sindrome depressiva, o in una patologica e dolorosa timidezza.

Come nel caso della dipendenza affettiva, anche la codipendenza, costituendone comunque una sua tipologia specifica, richiede un intervento psicoterapico sufficientemente lungo e intensivo, grazie al quale si possa lavorare psicodinamicamentesu conflitti, meccanismi di difesa immaturi, atteggiamenti erronei, modelli operativi interni dell’attaccamento insicuri, e contestualmente si possa condurre un lavoro di tipo cognitivo sugli schemi mentali disadattivi che sostengono i tratti di personalità dipendenti e masochistici. Sovente, alla dipendenza affettiva e alla codipendenza si associano anche nuclei molto marcati di personalità ossessiva e istrionica, oltre che quelli dipendenti e masochistici che generalmente ne costituiscono l’asse portante.


Nel mio studio la dipendenza affettiva e la codipendenza vengono affrontati e trattati psicoterapeuticamente nel contesto di un approccio di psicoterapia integrativa, che tenga conto della dimensione olistica individuale, dell’incidenza degli antecedenti evolutivi, degli schemi di attaccamento insicuro e dei tratti di personalità che sostengono i patterns di dipendenza, nel tentativo di determinarne un depotenziamento progressivo e un livello di adattamento relazionale sempre più funzionale.

 
Studio Psicoterapia e Consulenza Psicologica Dott. Viola
Sito web: www.psicologi-psicoterapeuti-cagliari.it
Contatta lo studio: 3200757817 (anche whatsapp)
e-mail: antonello.viola@gmail.com 


Bibliografia
  • Antonello Viola (2012). La psicoterapia delle dipendenze affettive. Web: www.antonelloviola.com/psicoterapia-dipendenza-affettiva-cagliari.htm 
  • Jorge Castello Blasco (2005). Dependencia Emocional: caracteristicas y tratamiento. Alianza Editorial.





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